Scelta delle farine. In campagna, gli è quasi sempre necessario che il pane sia fatto in casa. Spesso pure la padrona di casa fa cuocere il pane già fatto colle farine del frumento raccolto sulla sua proprietà; allora ella conosce la qualità del grano, quella della farina, e quanto pane riesca da una data quantità di farina; può in conseguenza regolare le condizioni della confezionatura del pane. Non deve quindi mai far macinare una grande quantità di frumento in una volta, perchè, massime durante i forti calori della state, il grano si consuma sempre meglio della farina. Allorquando, per fare il pane in casa, si deve comperare la farina, bisogna sceglierla assai molle al tatto, lievemente tinta di un giallo chiaro, aderente al dito quando lo s'immerge, rimanendo come in pallottolina senza polverizzarsi immediatamente quando se ne comprime una data quantità nel palmo della mano. Questi sono i caratteri della bella farina di frumento di prima qualità. Quella di seconda è meno bianca, ed offre una tinta di giallo sporco, cadendo in polvere quando si comprime fra le dita. Nella farina di qualità affatto infima si distingue una certa quantità come di puntini grigi. La farina di segala, più ancora di quella di frumento, deve essere scelta quando è di recente macinata, il che si rileva dall'odore che le è proprio e che ricorda quello delle viole; se invecchia, quell'odore lo perde. Nei paesi dove il frumento non è ad un prezzo tanto elevato, si fa il pane per le famiglie colla farina di frumento senza miscuglio, ma il più sovente questo pane è fatto con miscuglio di farine di frumento e di segala; le proporzioni ordinarie variano da un quarto ad un terzo di farina di segala. Ben lungi del guastare il pane, una dose moderata di farina di segala ne migliora la qualità; lo fa meno bianco e di un sapore più gradevole, senza fargli perdere alcune delle sue proprietà nutritive. Soltanto non conviene, come ciò accade spesso, far macinare insieme il frumento colla segala; il pane di queste due farine lieva meglio ed è più buono allorquando, nell'impastarlo, vengono separatamente gramolate.
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sono i caratteri della bella farina di frumento di prima qualità. Quella di seconda è meno bianca, ed offre una tinta di giallo sporco, cadendo in
Quando il pane per famiglia è composto di farina di frumento e di segala, si segue esattamente per la panificazione i processi e la manipolazione testè indicata, ma dapprincipio s'incorpora in primo luogo il lievito, la farina di frumento, e poscia quella di segala col sale: senza questa attenzione la pasta leverebbe più difficilmente e il pane riuscirebbe meno buono.
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la pasta leverebbe più difficilmente e il pane riuscirebbe meno buono.
Una delle più importanti cure per la buona conservazione dei pezzi di carne di porco posti nel salatojo è quello di lasciar loro prendere meno aria che si può, e rinchiudere immediatamente il barile ogni qualvolta si debba estrarne qualche pezzo. Egli è perciò quando si sala gran quantità di carne di porco per una numerosa famiglia, ch'è meglio adoperare parecchi barili di media dimensione, anzichè accumulare il tutto entro un solo salatojo. Il coperchio di ogni barile deve essere accomodato in modo da venire abbassato ogni qualvolta diminuisce il contenuto, affichè rimanga il meno d'aria possibile fra il coperchio e la carne salata.
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Una delle più importanti cure per la buona conservazione dei pezzi di carne di porco posti nel salatojo è quello di lasciar loro prendere meno aria
Sgombri. Lo sgombro, quando è salato di recente, esente da avarie e alterazioni, si riconosce alla bellezza della sua pelle, le cui gradazioni, di un azzurro chiaro, cupo e bianco d'iride, sussistono in parte, sebbene non abbiano altrettanto lucido come allo stato di freschezza nel medesimo pesce. Quando si fa una provvisione alquanto considerevole di sgombri salati per il loro consumo in una numerosa famiglia, si deve conservarli in un bariletto di legno bianco, e far loro pigliare aria il meno possibile. Per ben dissalare lo sgombro bisogna lasciarlo immerso ventiquattr'ore nell'acqua fresca da rinnovarsi cinque o sei volte, dopo aver praticato cinque o sei volte nella pelle assai grossa di questo pesce tagli trasversali abbastanza profondi perchè l'acqua vi penetri con facilità.
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bariletto di legno bianco, e far loro pigliare aria il meno possibile. Per ben dissalare lo sgombro bisogna lasciarlo immerso ventiquattr'ore nell'acqua
La maggior parte dei trattati di economia domestica indicano un mezzo per far perdere all'olio di colza (o ravizzone, o cavolo rapa) il sapore acre che gli è proprio a renderlo buono quanto quello di fior di papavero per tutti gli usi della cucina. Questo consiste nel far friggere nell'olio di colza una crosta di pane bene abbrustolita, che quasi subito si estrae. Nel Belgio, per esempio, nelle povere famiglie usano questo rimedio onde rendere mangiabile l'olio di colza, che viene prodotto in abbondanza in quelle contrade, e che costa meno caro di tutti gli altri olî commestibili. Ma in qualunque modo lo si prepara quest'olio veramente non è commestibile, nè la crosta di pane lo rende di meno tristo sapore; la insalata, le fritture, ed ogni specie di vivanda preparata con quest'olio ispirano una insensibile ripugnanza a qualunque non ci sia abituato
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mangiabile l'olio di colza, che viene prodotto in abbondanza in quelle contrade, e che costa meno caro di tutti gli altri olî commestibili. Ma in
Frutta. Benchè le frutta non sieno considerate come alimento d'indispensabile necessità, sono per la maggior parte tanto salubri che gradevoli al palato, ed il consumo delle frutta, sia fresche che cotte, contribuisce a mantenere la salute, specialmente nel verno, quando l'insieme degli alimenti è meno refrigerante che durante la bella stagione. Per tal motivo, ogniqualvolta lo permettano le circostanze, è utilissimo di fare una buona provvisione di frutta che possano custodirsi, scegliendo le specie la cui conservazione riesce più facile. In questa provvisione quelle da preferirsi sono le pere e le mele. La buona conservazione di queste due qualità di frutta dipende in gran parte dal modo con cui se ne fa il raccolto. Per cui, non v'è cosa meno giudiziosa di quella di far raccogliere, come generalmente si usa, tutte le mele e le pera in uno stesso giorno. Non solo tutte le specie di queste due frutta, che sono presso a poco della medesima stagione, non maturano esattamente ed in pari tempo, ma benanche tutte le frutta di uno stesso albero non giungono nello stesso tempo a maturità, quelle che trovansi nei rami interni, avendo meno ricevuto l'aria ed il sole, non devono essere côlte che dieci o quindici giorni dopo le altre. L'indizio più certo che è giunto il momento di raccogliere la più gran parte di frutta da un albero, si è quello in cui, in un tempo calmo, alcune frutta perfettamente sane naturalmente cadono dall'albero.
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meno refrigerante che durante la bella stagione. Per tal motivo, ogniqualvolta lo permettano le circostanze, è utilissimo di fare una buona
Pera secche e cotte nel forno. Per convertirle in pera essiccate nel forno, si scelgono di preferenza le specie di pera che sono le più zuccherine e meno acquose, però tutte le pera che abbiano una pasta consistente e dolce a sufficienza, possono del pari subire tale preparazione. Si mondano le pera lasciando ad esse il manico, e si schierano simmetricamente entro piatti, rivolti all'ingiù, in modo che formino come una piramide. Si cuoprono colle loro corteccie, e si pongono in forno, dopo che ne fu ritirato il pane. Quando il forno è affatto freddo, si ritirano le pera per comprimerle una ad una fra le dita, stiacciarle, e immergerle nel succo che trovasi in fondo del piatto. Quindi, le une strette alle altre si dispongono sopra graticci che si pongono di nuovo in forno, ma ad una temperatura meno elevata della prima volta. Questa operazione deve essere rinnovata fino a che le pera abbiano assorbito tutto il succo e assunto un bel colore bruno, e in pari tempo una bella consistenza. Si conservano entro scatole di legno bianco, o in corbelli di vimini foderati di carta.
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meno acquose, però tutte le pera che abbiano una pasta consistente e dolce a sufficienza, possono del pari subire tale preparazione. Si mondano le
Lo zucchero non raffinato, gli sciloppi e la melassa di canna, hanno un odore gradevole, che ha qualche analogia con quello del rhum; intanto che quegli stessi prodotti dati dal succo delle barbabietole conservano sempre un odore sgradevole più o meno sensibile.
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quegli stessi prodotti dati dal succo delle barbabietole conservano sempre un odore sgradevole più o meno sensibile.
Lo zucchero di buona qualità dev'essere brillante, sonoro quando si picchia, rompersi di botto, e sciogliersi nell'acqua senza lasciarle alcuna trasparenza. Di più, deve avere un sapore schietto, esente da qualsiasi altro miscuglio. Lo zucchero noto sotto il nome di zucchero regio di Olanda, è notevole per la sua durezza, trasparenza e cristallizzazione; è quello che di preferenza s'impiega per l'acqua inzuccherata, e per l'apparecchio degli sciloppi e delle gelatine: è sempre ad un prezzo un po' più elevato delle altre qualità. Per gli altri usi ordinarî di famiglia, lo zucchero bianco un po' meno bello e meno caro del precedente può essere sufficiente. Quello non raffinato, giallo, di buona qualità, inzucchera molto, e di più, siccome è meno caro del raffinato, si può adoprarlo vantaggiosamente per qualche uso domestico, principalmente per quello di cucina. In una famiglia non conviene far grandi provvisioni di zucchero in una volta, poichè non si conserva tutto al più che un solo anno. Devesi tenerlo ben coperto, e al riparo da qualunque umidità e da ogni odore estraneo, che contrae facilmente. Vale meglio preparare in casa sua lo zucchero in polvere, anzichè comperarlo già preparato, perchè in quest'ultimo caso è talvolta mescolato con qualche sostanza eterogenea.
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' meno bello e meno caro del precedente può essere sufficiente. Quello non raffinato, giallo, di buona qualità, inzucchera molto, e di più, siccome è
Caffè, Tostatura, infusione. Le famiglie che fanno un uso abituale del caffè trovano vantaggio ed economia nel comperarne gran quantità in una volta, e perfino per tutto l'anno. Difatti, lo si paga a meno caro prezzo, e più invecchia più migliora. Egli è però assai difficile giudicare della sua buona qualità dietro gl'indizî esteriori; tuttavia si dovrà dare la preferenza ai caffè li cui grani sieno
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, e perfino per tutto l'anno. Difatti, lo si paga a meno caro prezzo, e più invecchia più migliora. Egli è però assai difficile giudicare della sua
Per abbrustolire o tostare, come si dice, il caffè, s'adopera un cilindro attraversato da un fusto, le cui due estremità si appoggiano sopra un fornello. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone di legna, perchè manda un calore più eguale e sostenuto. È però meglio non abbrustolire i caffè gialli e verdi, essendochè questi sono sempre meno asciutti dei primi; nel tostarli separatamente si ottengono migliori risultati. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che il fusto che l'attraversa non ne sia coperto, e che il caffè, gonfiandosi a misura che si scalda, non sia mai pigiato, e possa muoversi e venir facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale, dev'essere moderato specialmente in principio della operazione. Bisogna girare e rigirare il cilindro, ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo; allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per iscuoterlo ed agitarlo in ogni senso. Quando l'operazione è presso al suo termine, ed esige, per lo meno, tre quarti d'ora, se trattasi d'una media quantità di caffè, il fumo scappa dal cilindro con maggiore abbondanza, il grano scoppietta, diventa umido, di color bruno, e spande un gradevole profumo: è quello il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio che si agita per alcuni minuti. Si versa allora il caffè in un caseggio o tondo, per poi immediatamente stenderlo in largo sopra una piana superficie, come, per esempio, una tavola, un asse, e di preferenza sopra una pietra o sul marmo, più la superficie è fredda, e meglio si concentra l'aroma del grano tostato. È soltanto dopo che il caffè è completamente freddato che si può ventilarlo onde liberarlo dalle pellicole, nonchè dai corpi estranei, che talvolta vi sono frammischiati; ma questa è un'operazione di cui spesso si può fare a meno, specialmente se si ebbe cura di mondarlo innanzi che sia abbrustolito. Il caffè, tostato con ogni cura e al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo questa operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire più del quinto del suo peso.
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però meglio non abbrustolire i caffè gialli e verdi, essendochè questi sono sempre meno asciutti dei primi; nel tostarli separatamente si ottengono
dell'acqua senza nuocere alla qualità della bevanda. Così, prendendo per misura la chicchera, che contiene dai 110 ai 120 grammi d'acqua in peso, si impiegherà, per 30 o 32 grammi di caffè in polvere, 3 misure e mezzo d'acqua, che daranno 3 chicchere di caffè; e per 125 grammi di caffè, 14 o 15 misure d'acqua, che daranno 13 o 14 chicchere. Si comprende d'altronde che per la medesima dose di caffè in polvere bisogna aumentare o diminuire le proporzioni dell'acqua, secondo si voglia ottenere un liquido più o meno forte.
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proporzioni dell'acqua, secondo si voglia ottenere un liquido più o meno forte.
Il processo migliore per fare infondere il caffè è quello di servirsi di cocome a filtro, che sono comodissime, spicciative, e che danno un liquido contemporaneamente profumato e limpido. La cocoma più semplice e meno cara è quella di latta od anche di porcellana: sul graticcio del filtro, preventivamente coperto di una rotella di flanella, si pone la quantità necessaria del caffè in polvere, presso a poco, come accennammo, un cucchiajo da caffè per ogni bicchiere d'acqua, ed un poco meno, se si appronta il caffè per cinque o sei persone; si calca moderatamente la polvere col rulletto che si lascia sulla polvere, si colloca la grata superiore, si versa su questa metà dell'acqua bollente che dev'essere impiegata; si richiude la macchinetta col coperchio, e si aspetta che quest'acqua sia filtrata. Ciò fatto, si leva il coperchio e la grata superiore, per sollevare il folletto e far cadere in fondo del filtro la polvere di cui è carico; allora si versa il rimanente dell'acqua calda, e, dopo aver chiusa accuratamente la macchina, si lascia che la filtrazione compiasi lentamente. Durante questa operazione, si pone la cocoma nell'acqua bollente, e questo bagno-maria mantiene il liquido al grado di calore che deve conservare. Non bisogna servire il caffè che allorquando la filtrazione è completa, e si deve guardarsi, come avviene talora, di far riposare il liquido sulla feccia o deposito, perchè; sarebbe un indebolire il caffè e togliergli porzione del suo profumo. Quanto al deposito del caffè, se si voglia utilizzarlo, conviene non farlo bollire, il che darebbe un liquido acre e nero, ma versarci sopra, quando è ancora nel filtro, una certa quantità d'acqua calda e meglio di fredda. Si pone in serbo questa seconda infusione, per fare riscaldare al bagno-maria e mescolarla con una nuova preparazione di caffè. Tutte le volte che si fa riscaldare il caffè, il quale non sia stato adoperato nel momento stesso in cui viene approntato, bisogna ricorrere al solo bagno-maria.
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contemporaneamente profumato e limpido. La cocoma più semplice e meno cara è quella di latta od anche di porcellana: sul graticcio del filtro
Le caffettiere, o vasi, o macchine che sieno, filtranti, specialmente quelle di latta, esigono una minuziosa cura di pulizia. Non solo non si deve mai lasciarvi freddare e rimanere più o meno tempo il liquido, ma è indispensabile nettarle dopo ogni singola infusione. A tale effetto si scompongono tutte le parti diverse di cui è formata la macchina o caffettiera, si lavano in molt'acqua, si fa asciugare all'aria, avendo cura che i fori del graticolato siano sempre mondi.
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mai lasciarvi freddare e rimanere più o meno tempo il liquido, ma è indispensabile nettarle dopo ogni singola infusione. A tale effetto si scompongono
Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo mezzo di conservarlo in tutta la sua purezza è quello di custodirlo entro un recipiente intonacato di piombo.
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Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo
Bisogna quindi, in tal caso, procurarsi anzi tutto caccao di buona qualità , il che è facile qualora se ne faccia acquisto nelle officine e fondachi di grande specie. V'hanno due specie di caccao che si adopera il più abitualmente, quello detto caracca, il più stimato e più caro, e il caccao delle isole, o maragnone, generalmente venduto un terzo di meno. Qualunque ne sia la specie, il caccao di buona qualità dev'essere ben nutrito, denso, di colore vivace, di odore e sapore graditi. S'impiegano il caracca e il maragnone, sia separati, sia misti, secondo la qualità del cioccolatte che si vuole ottenere. Ecco quali sono le proporzioni convenienti in caccao e zucchero, e quale sarà il prezzo di un chilogramma di cioccolatte, ammettendo che la quantità da approntarsi in una volta sia di 20 chilogrammi.
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isole, o maragnone, generalmente venduto un terzo di meno. Qualunque ne sia la specie, il caccao di buona qualità dev'essere ben nutrito, denso, di
Fecole esotiche. Arronroot, tapioca, sagù e saleppe. Tra le fecole esotiche, vale a dire, che provengono da paesi stranieri, le più ricercate sono l'arronroot, il tapioca, il sagù ed il saleppe. La prima è la fecola estratta dalla radice di una pianta dell'America del Sud, la cui coltivazione fu importata nelle colonie dell'India inglese. Il tapioca, o tapioca delle isole, è la fecola estratta dalle radici del manioc e ridotta in grani di un bianco giallastro. Il sagù dell'India, estratto dall'interno di un tronco di palma, è una fecola sotto la forma di grani più o meno grossi, più o meno regolari, durissimi, senza odore, di sapore piuttosto insipido. La fecola, conosciuta sotto il nome di saleppe di Persia, proviene dalle varie specie dell'orchide.
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bianco giallastro. Il sagù dell'India, estratto dall'interno di un tronco di palma, è una fecola sotto la forma di grani più o meno grossi, più o meno
Ma sarebbe grave errore attribuire ad esse proprietà eminentemente capaci di riparare le forze di chi è spossato. Queste fecole vengono perfettamente assimilate a quelle delle patate, cui si aggiunge talora gomma in polvere; allora si vendono sotto il nome di fecole indigene, e sono di un prezzo assai meno elevato. Il solo merito delle fecole esotiche, paragonato a quello delle patate, consiste in ciò, che sono esenti da odore e non alterano in verun modo il sapore e l'aroma dalle sostanze alimentari (come brodo, latte, burro, ecc. ecc.), nelle quali si fanno cuocere.
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assai meno elevato. Il solo merito delle fecole esotiche, paragonato a quello delle patate, consiste in ciò, che sono esenti da odore e non alterano in
Ora, in una casseruola più grande ponete alquanta acqua, collocandovi in fondo due pezzi di legno in croce onde sovrapporvi la casseruola dove è approntata la vostra salsa. Mettete quindi al fuoco queste due casseruole, rimescolando sempre la salsa fino a che diventi densa convenientemente ; se lo è di troppo, potete agevolmente schiarirla con un po' di aceto di sughero, che è il meno forte. Assaggiandola potete correggerne il sapore dell'aceto come più vi conviene. Se temete che riesca acida, versatevi un po' d'acqua, ma non vi aggiungete sale prima di averla più volte assaggiata.
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è di troppo, potete agevolmente schiarirla con un po' di aceto di sughero, che è il meno forte. Assaggiandola potete correggerne il sapore dell'aceto
Crostole. Prendete un quarto di libbra di vitello. Dopo averne estratti i nervi e la pelle, lo tagliate in pezzettini, prendete quindi mezza libbra di grasso di arnioni di bue spelacchiandolo e mondandolo bene colle dita onde levarne la pelle tigliosa, e taglierete anche questo assai fino. Aggiungete il grasso al vitello, e condite di pepe, di sale e di alquanta noce muschiata grattugiata. Continuate a tritare insieme il tutto aggiungendovi due uova, l'uno e l'altro ben mescolati; ponete questo apparecchio in un mortajo per condensarlo, poi, pestandolo, aggiungetevi una piccola quantità d'acqua stilla a stilla, presso a poco nella quantità di un cucchiajo da tavola. Bisogna che questa crostola sia posta e sollecitamente in un luogo fresco, onde non si guasti. Nella state è più difficile il farla riuscire in bene, essendo il grasso assai suscettibile di perdere la sua freschezza: in tal caso, invece d'acqua, vi si pone ghiaccio, e si adopera meno grasso.
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caso, invece d'acqua, vi si pone ghiaccio, e si adopera meno grasso.
Trattando di carni da macello, come bovi, castrati, vitelli ecc. ecc., del pollame e della selvaggina, avremo l'occasione di dare alcuni consigli, che si applicheranno più particolarmente a ciascuna di queste vivande, ed indicheranno esattamente, per ognuna di esse, il tempo in cui devono rimanersene allo spiedo. Però diamo qui contro un piccolo quadro dettagliato del tempo che esige la cottura, sia di un pezzo di carne da macello, sia dei pollame o della selvaggina, ammettendo sempre per principio che si abbia a servirsi di uno spiedo e che il fuoco sia ben sostenuto. Secondo i varî apparecchi d'arrosto più o meno perfezionati, abbisognerà, già s'intende, più o meno tempo.
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apparecchi d'arrosto più o meno perfezionati, abbisognerà, già s'intende, più o meno tempo.
Il pepe bianco è da preferirsi al nero; l'impiego dell'uno come dell'altro si limita a pochi pizzichi nelle buone cucine, a meno che non sia per gli apparecchi i quali esigono una forte dose di quella spezieria.
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Il pepe bianco è da preferirsi al nero; l'impiego dell'uno come dell'altro si limita a pochi pizzichi nelle buone cucine, a meno che non sia per gli
Lo zenzero, i coriandoli, la cannella si adoperavano assai di frequente nelle antiche cucine; ma la moderna non se ne serve che di rado o per dire più giustamente punto se ne serve. Le quattro spezie sono del pari poco usitate al dì d'oggi a meno che non siano da condire delle carni ch'entrino nei pasticci freddi.
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più giustamente punto se ne serve. Le quattro spezie sono del pari poco usitate al dì d'oggi a meno che non siano da condire delle carni ch'entrino nei
Il vitello che non conti più di sei settimane è il migliore; la carne vi è fina e cuocendosi diventa bianca. Il vitello di carne bruna è molto meno stimato. La carne di vitello è gelatinosa, nutritiva a un tempo, rinfrescante e di facile digestione; conviene a tutte le età e ad ogni temperamento.
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Il vitello che non conti più di sei settimane è il migliore; la carne vi è fina e cuocendosi diventa bianca. Il vitello di carne bruna è molto meno
La carne di castrato è considerata come un alimento salutare, nutritivo e di facile digestione. I quarti davanti, la coscia, il filetto ed il collo sono le parti migliori; bisogna sceglierli di una carne che abbia il colore chermisino, brunita e coperta di fascie di grasso bianco. I quarti davanti hanno sempre da essere più o meno battuti secondo le stagioni: in tale guisa acquistano tutta la delicatezza di cui sono suscettibili.
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hanno sempre da essere più o meno battuti secondo le stagioni: in tale guisa acquistano tutta la delicatezza di cui sono suscettibili.
Cervellate affumicate. Le cervellate non sono altro che carni da salsiccie tagliate con meno finezza e nelle quali ponete un poco d'aglio e pepe in grano. Una volta che abbiate fortemente dorato di spezierie queste carni, le insaccate entro budelli di vitello che legate strettamente con spago ai due lati. Poscia le affumicate. Quando volete servirvene fatele cuocere in acqua. Queste grosse salsiccie servono per guernire un pezzo di manzo allesso insieme con cavoli salati od anche freschi.
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Cervellate affumicate. Le cervellate non sono altro che carni da salsiccie tagliate con meno finezza e nelle quali ponete un poco d'aglio e pepe in
Pollastrini. Nell'aprile e nel maggio incominciano a farsi vedere i buoni pollastrini novelli. Quelli di tre o quattro mesi, quando sono grassi e polputi con pelle fina, convengono meglio per gli antipasti che non gli altri più maturi; questi si preferiscono arrosti. I così detti pollastrelli à la reine sono di un terzo meno grandi che quelli grassi; ma la carne n'è delicatissima, specialmente dal mese di giugno sino all'ottobre. Tre pollastrini à la reine formano un antipasto più elegante che non due grossi.
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reine sono di un terzo meno grandi che quelli grassi; ma la carne n'è delicatissima, specialmente dal mese di giugno sino all'ottobre. Tre pollastrini
Qui ha fine la varia nomenclatura delle diverse vivande che si possono confezionare traendo il miglior possibile partito dal pollame proveniente dai rilievi della tavola. Ora passeremo ad un soggetto non meno interessante, al pollo di Marengo, o alla Marengo, opera delicata e difficile, la quale esige una mano assai esperta, e che di per sè basterebbe, quando fosse ben eseguita, a dar fama all'artista.
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rilievi della tavola. Ora passeremo ad un soggetto non meno interessante, al pollo di Marengo, o alla Marengo, opera delicata e difficile, la quale
Frattaglie di gallinaccio giovane. Queste frattaglie si compongono della testa, meno il becco e gli occhi, del collo, delle cime dell'ale, delle zampe, del ventriglio e del fegato. Passate il tutto ai burro con un mezzo cucchiaio di farina; inaffiate con alquanto brodo; aggiungetevi un mazzolino d'erbe, e per guarnizione qualche cipollina fresca di eguale grossezza, con navoni o patate.
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Frattaglie di gallinaccio giovane. Queste frattaglie si compongono della testa, meno il becco e gli occhi, del collo, delle cime dell'ale, delle
Si distinguono varie specie di pivieri, ma quello dorato è più ricercato di qualsiasi altro per le tavole, e la sua carne è di uno squisito sapore. Il pavoncello è un volatile presso a poco della grossezza dei piccioni, e del pari stimato, benchè sia meno delicato del piviere.
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. Il pavoncello è un volatile presso a poco della grossezza dei piccioni, e del pari stimato, benchè sia meno delicato del piviere.
Osservazione. Il cervo e la capretta, nonchè il daino e il cerviatto si possono ammannire e sostituire anche al capriuolo, ma di questi animali si fa meno uso.
Il merluzzo fresco, che si può soltanto avere in alcuni luoghi e nelle vicinanze della Manica, ha le carni bianche, sfogliate e di graditissimo sapore. Questo pesce in generale è troppo grande per essere servito intero laonde se ne sceglie una fetta o due, più o meno grosse e prese dal mezzo del corpo. Ecco del resto in qual modo si fa cuocere.
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sapore. Questo pesce in generale è troppo grande per essere servito intero laonde se ne sceglie una fetta o due, più o meno grosse e prese dal mezzo del
Ora indicheremo il modo di ben cuocerlo. Ponete il merluzzo anzitutto in immersione nell'acqua per due o tre giorni, secondo che sia più o meno salato, avvertendone che se lo è, il modo più facile per levare il sale è quello di collocarlo colla pelle per di sopra, il che permette al sale di precipitarsi più facilmente in fondo all'acqua, — avvertendo inoltre di cangiar l'acqua sia il mattino che la sera. Fatelo cuocere in acqua fredda, allorchè incomincia spumeggiare, ritiratelo per porlo semplicemente accanto al fuoco, e senza farlo bollire, altrimenti indurirebbe. Lasciatelo colà una mezz'ora; poscia stillatelo e servitelo con guarnimento di patate allesse. Separatamente ponetevi salsa al burro in apposito vase.
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Ora indicheremo il modo di ben cuocerlo. Ponete il merluzzo anzitutto in immersione nell'acqua per due o tre giorni, secondo che sia più o meno
Turbantino di filetti di sogliola. Dopo levata la pelle alle sogliole e staccati i filetti, ponete in una casseruola mezza libbra circa di burro e qualche fetta di cipolla; fate cuocere alquanto le cipolle e aggiungetevi li filetti conditi con sale e inaffiati di fresco di limone. Lasciateli cuocere in tal modo a fuoco lento, sino che riescano candidi. Tagliateli in lunghi pezzetti riquadri, poneteli entro una salsa bianca con fiore di latte, od una salsa tedesca e guarnitene il turbantino. Si può anche aggiungere funghi, fondi di carciofi, code di granchiolini, tutti guarnimenti di lusso, di cui si può anche far a meno.
Tonno. Il tonno non è conosciuto dovunque come in Italia e specialmente a Genova, Livorno, Trieste, Venezia, ecc. ecc.; in alcuni luoghi anzi non lo mangiano che marinato, cotto, cioè, e conservato nell'olio, e servito come piatto da belluria. Quando è fresco è un pesce eccellente, la cui carne salda e saporita ha molta rassomiglianza con quella del salmone, essendo anzi meno grassa ed oleosa. Si ammannisce del pari come il salmone; e si fa anche servire come vivanda di grasso non altrimenti che il vitello. Oltre che arrosto sia sulla graticola che allo spiedo, si presta anche per eccellenti pasticci freddi, i quali, specialmente nella quaresima, riescono di ottimo espediente.
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salda e saporita ha molta rassomiglianza con quella del salmone, essendo anzi meno grassa ed oleosa. Si ammannisce del pari come il salmone; e si fa
Osservazione. Questo piatto, componendosi di varie qualità di pesci che per essere cotti esigono qual più qual meno di tempo, bisogna aver cura che l'anguilla ed il luccio, la cui carne è più salda, vengano posti al fuoco alcuni minuti innanzi gli altri, come sarebbero le tinche, i barbî, ecc. ecc., ovvero lasciarli cuocere per un tempo maggiore di questi, se si pongono tutti insieme contemporaneamente.
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Osservazione. Questo piatto, componendosi di varie qualità di pesci che per essere cotti esigono qual più qual meno di tempo, bisogna aver cura che l
Asparagi. Gli asparagi si adoperano nelle cucine per zuppa, per guarnimento, per sugo ristretto, e per frammesso specialmente. È questa un'eccellente vivanda. Se ne distinguono varie specie, ma è da osservarsi che il bianco è il più prematuro, ed ha un sapore dolce; quello color violetto è il più aromatico e diventa il più grosso degli altri; quello verde, il meno grosso di tutti, si mangia quasi intero, ed ha un sapore perfetto. Nulla di più bello che un frammesso d'asparagi assai grossi, cotti in punto con una salsa di burro. Se però si vogliano servire coll'olio, è duopo, tostochè sono cotti, porli a rinfrescare in acqua fredda, e si approntano sopra un tondo circolarmente, o colla salsa già sopra versata composta d'olio, aceto, pepe e sale, oppure in separata saliera, perchè ognuno si condisca come meglio gli piace.
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aromatico e diventa il più grosso degli altri; quello verde, il meno grosso di tutti, si mangia quasi intero, ed ha un sapore perfetto. Nulla di più
Cavoli fiori. I cavoli fiori propriamente detti sono quei cavoli i cui rami e fiori prendono un particolare sviluppo e formano una massa più o meno carnosa, bianca e tenera.
La cuciniera universale
Cavoli fiori. I cavoli fiori propriamente detti sono quei cavoli i cui rami e fiori prendono un particolare sviluppo e formano una massa più o meno
Carciofi fritti. È duopo scegliere, per quanto è possibile, dei carciofi giovani e tenerelli, il che non toglie che non sieno grandi. Tagliateli ognuno in dieci o dodici pezzi, più o meno, secondo il volume; levatene il manico e le foglie più grosse esterne; dopo averli ben lavati e sgocciati, poneteli in una terrina con sale, pepe, olio di oliva, una stilla di aceto per assimilarli in questo condimento. Preparate una pastella da friggere con due manate di farina, un uovo intero e due tuorli d'uovo, un poco d'acqua e un po' d'olio. Quando tutto sia ben mescolato, immergete i pezzi di carciofo in quella pastella dopo averli ben bene stillati, e gittateli in fritto ben caldo, avvertendo di non porre nella padella che quel tanto ch'essa può contenere senza che i pezzi sieno troppo pigiati, e agitando quelli che vi si trovano dentro colla scumaruola. Quando i carciofi sono fritti e assumono un bel colore, sgocciateli e schierateli in piatto coperto di una salvietta, con guarnimento di prezzemolo fritto.
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ognuno in dieci o dodici pezzi, più o meno, secondo il volume; levatene il manico e le foglie più grosse esterne; dopo averli ben lavati e sgocciati
Citriuoli farciti. Tagliateli in due dopo averli mondati: levate l'interna parte col manico di un cucchiaio; empiteli di un farcito già cotto, aspergeteli di pane grattugiato e fateli cuocere in casseruola con burro e un poco di brodo. Quando cedono alla pressione del dito sono cotti; levateli asciutti, e conditeli con salsa spagnuola. Si può anche fare a meno di aspergerli di pane grattugiato, ma allora conviene spalmarli di sugo nel disporli sul piatto.
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asciutti, e conditeli con salsa spagnuola. Si può anche fare a meno di aspergerli di pane grattugiato, ma allora conviene spalmarli di sugo nel disporli
È importantissimo il porre in istampo il formaggio bavarese tosto che vi si ha incorporata la crema sbattuta, perchè questa fa rappigliare rapidamente il formaggio, e il menomo ritardo nuocerebbe all'operazione. Si può fare il formaggio bavarese senza crema sbattuta, ma allora riesce meno delicato.
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rapidamente il formaggio, e il menomo ritardo nuocerebbe all'operazione. Si può fare il formaggio bavarese senza crema sbattuta, ma allora riesce meno delicato.
Il dotto inventore di questa scelta vivanda vuole che, per distinguerla dalle precedenti od altre simili, si preparino anche 165 grammi di pistacchi, come fu già detto, e che se ne faccia come un'insipida squamma alla ghiottornia parigina. Aggiunge anche come si possa sostituire le avellane o nocciuoli con 305 grammi di mandorle dolci e 185 grammi di amare. E d'ordinario viene anche seguito questo consiglio, nonchè si sostituiscono i pistacchi, che servono di guarnitura alle croste della focaccia con amandorle, essendochè allora riesce meno costosa.
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, che servono di guarnitura alle croste della focaccia con amandorle, essendochè allora riesce meno costosa.
Raccomandiamo sotto tale denominazione tutte le leccornie e dolciumi di pasta asciutta o più o meno dura, conosciuta sotto il nome di Croccanti con mandorle, frittelle croccanti, stinchetti, ecc, ecc.
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Raccomandiamo sotto tale denominazione tutte le leccornie e dolciumi di pasta asciutta o più o meno dura, conosciuta sotto il nome di Croccanti con
Pazienze alla rosa. Queste si compongono come le precedenti, ma si aggiunge, per profumarle, l'acqua di rosa ed il carminio, onde dar loro un bel colore. Il forno in tal caso dev'essere meno riscaldato, affinchè il calore non ne alteri il colore.
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colore. Il forno in tal caso dev'essere meno riscaldato, affinchè il calore non ne alteri il colore.
Corone italiane. Pigliate 500 grammi di zucchero, 500 di burro, un uovo e un po' d'acqua di fiore d'arancio, e formatene una pasta ben dura, impastandola il meno che sia possibile. Stendetela col cilindro sino a che giunga allo spessore di 2 millimetri. Abbiate in pronto uno stampo o ferro da tagliare di 68 millimetri e mezzo di diametro, ed in altro di 27 millimetri soltanto che vi servirà a formare il mezzo della corona. Spalmate con pennello intriso nell'uovo, e cuocete in forno ben caldo.
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, impastandola il meno che sia possibile. Stendetela col cilindro sino a che giunga allo spessore di 2 millimetri. Abbiate in pronto uno stampo o ferro da
Dolciumi e leccornie con mandorle. Formate con questa pasta uno strato uniformemente disteso, più o meno grosso, dai 5 ai 14 millimetri di spessore, e con istampi appropriati, formatene delle corone, rombi, o semicerchi a guisa di luna crescente, o quadratelli bislunghi, ecc. ecc. dello spessore di 5 millimetri. La pastina che vorrete formarne potete intriderla con uno strato di fiore d'arancio, o con una leggiera pasta formata di albume d'uovo e di zucchero colorata in rosa. La chiamerete allora pastiglia al fiore d'arancio, ovvero pastiglie di mandorlato alla rosa. Giova sempre profumare la pasta delle mandorle con un assortito aroma, e si deve cuocere a fuoco assai blando.
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Dolciumi e leccornie con mandorle. Formate con questa pasta uno strato uniformemente disteso, più o meno grosso, dai 5 ai 14 millimetri di spessore
I grissini si formano con una pasta consistente, di farina di avena, acqua distillata e alquanto sale; quando vi si aggiunge burro, essi sono più delicati, ma durano però meno. La pasta si fa con due lieviti onde riesca più sottile e poter facilmente tirarla. I fornaî di Torino hanno in proposito tale abilità, che tirano i grissini della lunghezza di 75 centimetri. Essi tagliano la pasta in piccoli pezzi, li pigliano colle dita d'ambe le mani e li allungano adattandoli alla palla del forno. Essi l'infornano, vale a dire, passano la pala coperta di grissini entro un forno ben caldo, li tengono d'occhio, e li ritirano tosto che abbiano raggiunto il conveniente grado di cottura.
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delicati, ma durano però meno. La pasta si fa con due lieviti onde riesca più sottile e poter facilmente tirarla. I fornaî di Torino hanno in proposito